Milena era seduta al tavolino di quel bar già da parecchi minuti e non aveva ancora ordinato nulla, per fortuna i proprietari erano suoi amici e non c’era molta confusione, così da lasciarla tranquilla a guardare dall’ampia vetrata, sorridendole di tanto in tanto.
Tranquilla…si fa per dire!
Gli impercettibili ammiccamenti di chi le passava accanto parevano sottolineare la sua inutile attesa,
forse di un uomo che non sarebbe mai arrivato. Lei non se ne curò, mostrando un’indifferenza che non aveva. In realtà era arrivata troppo in anticipo, ma l’emozione di rivedere Paola era tanta.
Quanti anni erano passati da quei lontani banchi di scuola, forse 35 o 40…
A quell’epoca non pensavano al domani, ma ora all’ombra della cinquantina, era tutta un’altra cosa. Paola era la ragazza irraggiungibile: sicura di sé, bella, spigliata, “più avanti”…
Insomma, la più ricercata dai ragazzi e la più odiata dalle ragazze.
E Milena non faceva eccezione. Non rispondeva al genere di amicizia che Paola cercava, non poteva tenere il suo ritmo, ma fu proprio questo ad avvicinarle, lentamente, inesorabilmente, come una calamita.
Un richiamo che Paola aveva fatto suo, ma che Milena ancora ignorava. Incominciarono a parlare dei loro problemi di adolescenti, delle difficoltà in famiglia, Milena la sentiva vicina, simile a lei, così che la sua impossibilità di fare nuove esperienze e la sua ingenuità si allontanarono.
Fu lei ad aiutarla con il suo primo ragazzo dandogli i primi rudimentali consigli.
Paola l’esperta, Paola la leader, ora appariva una ragazzina qualsiasi: ma era davvero così?
Dopo tanto tempo, ora sarebbe entrata da quella porta che Milena fissava incessantemente.
Aveva ritrovato per caso, alcuni giorni prima, un vecchio numero di telefono, ripensò a Paola e al modo che si erano separate.
Alla rabbia che aveva provato in quei momenti, nel vedere Riccardo, il suo Riccardo, abbracciare Paola sorridendo, mentre parlavano di lei e della sua ingenuità. Si domandò perché non avesse gettato quel biglietto tanto tempo fa. Non lo fece allora e non lo fece adesso.
Un leggero sorriso ironico si dipinse nel suo volto, compose il numero, sicura che nessuno avrebbe risposto.
“Pronto…?” pronunciò una voce interrogativa.
“Paola?! C’è Paola” balbettò Milena, quasi colta di sorpresa.
“Sono io” confermò una voce più decisa.
“Sono Milena…ti ricordi di me? É passato così tanto tempo. Scusa, non volevo disturbarti”, o forse sì, lo voleva, ma non intendeva ammetterlo e sperava che lei fosse disponibile.
Ora, come un tempo.
“Milena….ah sì…ora ricordo. Ciao.”
“Ti va se ci incontrassimo? Un caffè, se vuoi” disse in fretta prima che lei aggiungesse altro o riagganciasse.
“Certo, va bene sabato alle 16?”
“Benissimo, a sabato, allora, ciao.”
Non credeva di averlo fatto davvero, ma ora era lì, a riprendersi la sua rivincita, a ridare senso alla sua amarezza.
La vide entrare meno sicura di un tempo, con quale chilo in più, un foulard colorato le avvolgeva il capo, che mal nascondeva gli indizi di una chemioterapia.
Si guardarono l’un l’altra per cercare ciò che il tempo aveva cambiato su di loro.
La tazzina era quasi vuota quando si decisero a parlare, di cose banali e scontate.
Frasi fatte, mezzi sorrisi, alcuni convenevoli.
Decisero di rivedersi.
Gli incontri continuarono, regolari, semplici, a poco a poco la complicità di un tempo si fece largo rientrando nei loro discorsi sempre meno formali.
Tutto stava tornando come allora, quasi, con 39 anni di ritardo.
Paola non era più quella di un tempo, il destino si era preso la sua rivincita e ben presto anche la sua vita, lasciando a Milena solo malinconia.


Daniela Balestrero (Torino, Itália, 1960). Membro del Comitato editoriale della Rivista Philos. Dal 2015 collabora con un giornale locale web scrivendo articoli di spettacolo e attualità. Alcuni dei suoi scritti si possono trovare anche su il Blog di Ramingo.it.

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